giovedì 3 gennaio 2013

L'inverno nucleare del nostro scontento




Mi aggiro come uno spettro tra le corsie del supermercato completamente deserto.
Le casse sospese non diffondono musica, ma nella mia mente logora sento distintamente la voce di Johnny Cash. Everybody will be treated all the same. There will be a golden ladder reachin' down when the man comes around...
I prodotti sono tutti ancora educatamente allineati, con sopra una leggera patina percepibile esclusivamente al tatto. Tutto è perfettamente immobile e tranquillo, come in una cattedrale. Doveva essere chiuso quando è successo.
Mi sento per un attimo come se fossi stato catapultato in un sogno, dove posso fingere che sia tutto normale. A rompere l'idillio giunge purtroppo una vecchia copia de La Stampa con in calce un editoriale di Gramellini. Quell'infingardo mi perseguita anche dall'aldilà.
I miei occhi ormai sono ben adattati alla penombra, non ho bisogno della torcia.
Apro il borsone e inizio a infilare tutto lo scatolame e il vasellame disponibile. Scarto solo le confezioni di tonno. Faccio incetta di riso, pasta, cereali ,acqua, compresse effervescenti multivitaminiche, qualche bibita e ovviamente superalcolici. Pesa tantissimo ma ce la posso fare.
Afferro delle riviste, qualche fumetto, alcune confezioni di pile e chiudo tutto.
E poi sono di nuovo fuori, nell'inverno nucleare. 
Che in realtà di invernale non ha praticamente niente, non so perchè continuino a chiamarlo così.
Le polveri fini sparate nell'atmosfera dalle detonazioni delle bombe al palladio non sono in realtà state trattenute a causa dell'elevata concentrazione dei gas serra. Il tutto è ricaduto dopo poco tempo sotto forma di piogge acide durate mesi, in un fallout di dimensioni ancora più eclatanti di quelle previste.
Ora, in questo oceano di solitudine, il cielo è perennemente azzurro e terso e la temperatura è fissa sui 45 gradi, grazie alla aumento sproporzionato del protossido di azoto.
Guardo i condomini diroccati, i cartelli divelti, gli edifici pubblici sventrati e il deserto intorno a me. Non pensavo che un giorno sarei stato proiettato all'interno di una puntata di Ken il guerriero. 
Attraverso interi isolati sotto il sole impietoso, senza udire o incontrare anima viva. Osservo le finestre attento ad individuare l'eventuale scintillio di una lente: con i cecchini non si sa mai. Eppure sono convinto che non ci sia nessuno nei paraggi, altrimenti non si spiegherebbe quel supermercato praticamente intatto. 
Dopo una marcia che mi pare interminabile ritrovo finalmente il  vecchio sidecar. Poggio la borsa e mi metto in sella per ritornare verso il mare, anche se probabilmente la benzina sarà appena sufficiente con il peso che mi porto dietro.
Le mie previsioni si rivelano esatte, fortunatamente. Sono di nuovo a casa.
Anche se in realtà non so davvero di chi fosse la casa prima che la occupassi io, ma ho seri dubbi riguardo a eventuali lamentele. La guerra ha brillantemente risolto la crisi del mattone, su questo nessuna obiezione.
Guardo il mare dalle ampie vetrate del loft adagiato sulla spiaggia. Il sole è rosso come non mai, sospeso a metà dell'orizzonte, quasi severo nel suo incedere.
Serro le assi che ho sistemato per barricare la porta di ingresso, pur sapendo di non averne nessun bisogno. Sono settimane che non vedo anima viva da queste parti. E sono circa due mesi che non parlo con nessuno.
Non che la cosa mi dispiaccia più di tanto.
Ho cibo in quantità, ho i miei libri, riviste, fumetti, una stanza sufficientemente isolata dall'esterno per non patire eccessivamente la calura. E poi ho il mio generatore a celle combustibili, modificato per essere alimentato semplicemente con l'acqua marina. Avere avuto un fratello ingegnere con un brillante curriculum nel campo delle fonti energetiche rinnovabili si era rivelato parecchio utile a conti fatti. Se sapessi dov'è sicuramente gli mostrerei orgoglioso la mia creazione.
Purtroppo riesco solo ad alimentare la televisione, il lettore blu ray e i fornelli. Ma per quanto mi riguarda questo mi dà già diritto ad essere la Svizzera.
Così predispongo la cucina per una cenetta solitaria e stappo la bottiglia di Sagrantino delle grandi occasioni, poi mi adagio sul divano e mi preparo alla visione di Akira, pensando che nonostante tutto non mi manca davvero nulla.
Il che è decisamente ironico lo riconosco.
Ma in fondo ho torto?
Niente più bollette, tasse, rate della macchina, rate del mutuo, nessun superiore cui dover rendere conto, nessun sottoposto con cui doversi giustificare, niente mogli, fidanzate, amici (che magari si fanno la moglie/fidanzata), niente parenti-serpenti, vigili che ti multano se respiri, niente tamarri che si accoltellano allo stadio e/o in discoteca e si pimpano le duecentosei, niente più democrazie fasulle, niente più programmi radiofonici del cazzo in cui parlano soltanto e non si può ascoltare musica, niente più film con Fabio Volo, niente più libri di Fabio Volo, niente più dischi di Jovanotti, niente più libri di Jovanotti, niente più interviste della Bignardi a Fabio Volo e Jovanotti, niente più Fabio Fazio che lecca il culo with Littizzetto che bercia istericamente, niente Saviano che si fa venire le stimmate in diretta, niente più cineasti italiani depressi, giornalisti prezzolati, giornalisti onesti che però non sanno scrivere e hanno un umorismo di merda. Niente.
Ma anche niente film e libri di Moccia se è per questo, aggiunge William Faulkner che nel frattempo se ne stava spaparanzato sul terrazzo facendosi una pennica.
Moccia non è mai esistito. Era solo la materializzazione dei peggiori incubi di Sutter Cane.
Ah.
Comunque se proprio dovessi dire, in questa landa post-apocalittica non è proprio tutto perfetto.
E non mi riferisco agli sciacalli che ogni tanto ti svaligiano la casa, nè alle bande armate che percorrono lo stivale saccheggiando i villaggi e offrendo sacrifici umani a entità non ben definite, nè alle bestie selvatiche che sono fuggite dai bioparchi (non è una bestemmia) riproducendosi a ritmo indiavolato e nemmeno agli zombie mutanti che ti rincorrono cercando di mangiarti la pelle (anche se devo ammettere che quelli sono una bella rottura di coglioni).
E' solo che avrei tanta voglia di trovare del fottuto ghiaccio da tritare per farmi finalmente un mojito come si deve.




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